Presepe time

Cari amici del Blog-Doc,
Natale si avvicina e con esso anche il tempo dei preparativi.
Da un anno io e Ste, ci siamo aggregati ad Andrea nella preparazione dello storico presepio nella chiesa di S. Egidio in Mantova. La nostra piccola opera si basa soprattutto sul divertimento, ma anche sullo stupire. Ciò comporta un'attenta pianificazione. Ecco infatti che tra qualche giorno inizieremo i preparativi.
Vorrei richiamare la vostra attenzione su un buffo episodio capitato l'anno scorso che riporto di seguito.
Speriamo vivamente di poter ripetere e divertirci come allora.


Seguiranno aggiornamenti, stay connected !!


05 dicembre 2008


Una notte nella chiesa

Ieri sera io, Andrea e Stefano, ci siamo trovati nella chiesa di S. Egidio a Mantova, per costruire il presepio. Tutto faceva sembrare che la serata sarebbe stata tranquilla ma nessuno di noi sapeva, quello che ci sarebbe capitato!
Iniziamo con i primi problemi: Andrea appoggia lo scatolone delle statuine sulla sua super Saxo e Stefano lo afferra “strisciandolo” verso di sè, lasciando di conseguenza un po’ di segni.. Mortificato per l’accaduto si scusa con Andrea che preso da una sorta di panico/menefreghismo, lo liquida con un: “Ma si tranquillo!”.
Entrati in chiesa siamo accolti da Don Alberto che al momento, era impegnato con le prove di canto. Ci consegna le chiavi dei ripostigli e ci attreziamo per recuperare le impalcature di sostegno, che abilmente portiamo in chiesa dagli scantinati stretti ed umidi, dove erano state riposte l’anno prima.
Stefano contiunuava la sua poesia di scuse verso Andrea, proponendo addiruttura di pagargli il carrozziere per eliminare i segni da lui provocati (Stefano esagera sempre).
Dopo non pochi problemi di montaggio/sistemazione, Andrea ci fa notare gli stucchi settecenteschi da lui abbattuti gli anni precedenti, durante l’allestimento del presepio ed “abilmente ripristinati” (si fa per dire), grazie ad una sua vena restauratrice.
Giungono le 11 ed i cantori si dileguano a poco a poco, cosi’ come Don Alberto che, dopo averci spiegato le metodologie per uscire dalla chiesa, si defila e ci lascia lavorare. A mezzanotte decidiamo anche noi di andare a letto e dopo una breve sistemata, con annessa perlustrazione clandestina dell’antica sagrestia, ci infililiamo nel confessionale, il quale nascondeva la porticina segreta per accedere verso l’uscita.
Arrivati all’atrio finale, delimitato da una porta a chiusura automatica (non apribile da dove eravamo) ed il portone di uscita con l’elettroserratura, premiamo il tasto rosso di apertura e la porta non si apre! Immediatamente un brivido di freddo mi attraversa la schiena e di scatto, mi giro verso la parte opposta, dove il portone a chiusura automatica stava per agganciarsi e quindi chiudersi definitivamente. Con un guizzo tento di raggiungerla prima del momento in cui, avrebbe definitivamente decretato la fine dei giochi per noi poveri sventurati...ma invano.... a pochi centimetri dall’arrivo, nell’atrio rieccheggiò il “clac” che tutti noi sapevamo essere sinonimo di “notte passata in sagrestia”.
Lo sconforto scese su di noi come una coltre di nebbia fitta: eravamo bloccati come topi in gabbia, senza la possibilità di fare qualcosa per uscire. Proviamo allora a chiamare al telefono il Don che pero’ non risponde...tentiamo di nuovo di aprire il portoncino d’uscita ma constatiamo che la serratura è chiusa tramite la chiave (che ovviamente non avevamo).
Ritentiamo così la telefonata ma nessuno rispondeva. Andrea allora, preso da sconforto/disperazione, con un taglierino (che in gergo viene chiamato “pescheitor”), cerca di aprire la serratura alla Lupin. Stefano allora, che di Lupin ne sa qualcosa, lo invita a lasciar perdere, in quanto l’azione non avrebbe portato a nessuna soluzione.
Lo sclero di Andrea è andato alle stelle quando per sdrammatizzare, mi sono disteso a terra con la borsa del trapano sotto la testa per cuscino, accampato e pronto per passare la notte... Alchè, l’idea di cercare di aprire il portone gigante in legno (chiuso credo da secoli) bloccato da infiniti catenacci e ragnatele, che sicuramente ci avrebbe condotti all’esterno, dove poi avremmo suonato il citofono del prete.
Iniziamo allora a sbloccare e tirare i blocchi della porta e, dopo non poca fatica, riusciamo a smuovere l’antico portale dalle sedi che il tempo aveva costruito per lui. Accediamo cosi’ all’esterno della chiesa e respiriamo finalmente aria di libertà ma, come fare ora per chiudere la porta ed andare a casa? Non potevamo lasciare tutto aperto col rischio che qualche malintenzionato entrasse. Ci attacchiamo così al citofono nel tentativo di svegliare don Alberto ma anche in questo caso, nulla di fatto; il Don continuava imperterrito la sua cavalcata nella fase REM.
Passa mezz’ora ed anche la pioggia ha deciso di metterci lo zampino. Costretti a rifugiarci di nuovo in quell’atrio, che stava ormai per diventare il nostro letto, continuiamo a turno con il citofono ed il telefono ma sempre senza risultati.
Steso sul pavimento, rassegnato a passare lì la notte come guardiano della chiesa, osservo che il vecchio atrio possiede una capacità di amplificare la voce umana non indifferente; e l’idea arriva subito dopo quando, dopo un breve sguardo d’intesa con Stefano, iniziamo ad intonare “Nel Sole” di Albano Carrisi. In meno di 5 secondi sentiamo i passi pesanti di Don Alberto sopra le nostre teste ed in un lampo ci riportiamo al citofono; come previsto questa volta ci risponde e gli spieghiamo l’avvenuto. Si presenta giù poco dopo, con le pantofole, pigiama ed un mazzo di chiavi che sicuramente non potevano avere meno di 50 anni. Ci chiede scusa per quella distrazione, costataci poco meno di un’ora di preoccupazioni e ci saluta ringraziandoci per il lavoro svolto al presepe, mentre con la faccia ancora dormente, chiude il vecchio portale impolverato e se ne ritorna a letto.
Sotto casa di Andrea i saluti, i confronti sull’avventura ed i ringraziamenti tra noi “amici da presepio” che per una sera, abbiamo vissuto un’esperienza alla fine stupida, ma che ci ha fatto tanto divertire.
E’ questo il bello della semplicità...trarre molto dal poco.E’ il pensiero felice di quella serata; piccole conlcusioni tratte durante il mio viaggio di ritorno da Mantova, mentre ancora cantando Albano, mi allontanavo.....

1 commento:

  1. Chi se li dimentica gli occhi terrorizzati di Andre una volta chiusa la porta...ahahahah

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